12-09-2018 Edgardo Rossi

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Buongiorno Signor Edgardo, le promesse sono debito e al Salone del Libro di Torino le avevo, appunto, promesso che una volta letto le avrei dato un parere. Che dire … non è un saggio, non è un romanzo si può forse definire una raccolta di novelle? Devo ammettere che più di una volta mi sono perso: forse non ho un’intelligenza abbastanza brillante per certe sottigliezze! Poi sono arrivato a pagina 149 e ho letto …  il Maestro dei maestri non aveva voluto risponderci o la sua era una risposta troppo complessa perche noi potessimo capire? … Pensando ai grandi musicisti come i Pink Floyd, Carlos Santana, Fabrizio de Andrè e molti altri … per passare ad altri bravi scrittori come Hemingway, Buzzati, Pirandello ecc. ecc. annovererei anche (voi) anche se ho qualche difficoltà a capire cosa vi abbia spinto a scrivere quello che avete scritto e, soprattutto il modo con cui l’avete scritto!  Io sono un modesto scrittore, finora ho scritto una semplice per quanto forte autobiografia, sto cimentandomi in una lunga opera sui miei viaggi … roba tipo Monte Athos, Siria Uzbekistan …  e comunque mi vedrei tutto al più nei panni di un saggista. Senza volerla assolutamente offendere le chiedo se qualche “sostanza inebriante” può aiutare allo scopo. Complimenti comunque. Come  fotografo preferisco gli impressionisti poiché trovo molto più difficile, quasi impossibile, realizzare un Guernica mentre potrei tentare di imitare Segantini, così apprezzo gli scrittori dalla fervente fantasia come Tolkien perché reputo impossibile avere una così smisurata fantasia.

Un caloroso saluto

 

Gastaldi Giovanni

09-07-2018 Riccardo Martinotti

riceviamo da Edgardo Rossi, docente e scrittore, questo contributo:

Romanzo che vuole essere un omaggio allo sport e ai buoni sentimenti, una storia che si apre con una talpa e si chiude sempre parlando di talpe. Il piccolo animale diventa il punto di unione di una narrazione, dove si incrociano le vicende di un bambino che scopre di amare la corsa sentendo parlare di Zapotek, che cresce coltivando la sua passione per lo sport, vivendo anche vittorie esaltanti e sconfitte consapevoli. Che impara a conoscere se stesso e entra in contatto con l’umanità e la natura sempre conservando la sua dote di persona buona, capace di commuoversi di fronte a quel flusso continuo che è la vita e alle gioie che sa riservare a chi sa conservare la capacità di sognare sempre.

Dei tanti eventi uno sembra essere quello centrale, è il momento in cui il protagonista compie un’impresa che gli permette di entrare in contatto con una famiglia, di cui fa parte una bambina di cui lui si era innamorato il giorno stesso in cui l’aveva vista per la prima volta a scuola e che sembrava perduta per sempre. Di tutte le storie narrate solo di questa diamo un cenno per invogliare a conoscere il resto, perché la trama si dipana in vari ambiti pur rimanendo sempre coerente a se stessa. Tutte le vicende narrate si svolgono nella città di Torino, in Liguria (Borgio Verezzi in particolare torna parecchie volte nel romanzo), in mare e in Marocco. Il resto è lasciato in sospeso, accennato, aperto alla fantasia del lettore.

Lorenzo però non è il solo protagonista, anzi sembra quasi che la sua vicenda serva a lasciare spazio ad Abdelkader, il campione, l’uomo nato per correre, per essere atleta di grandissimo livello.

Un’altra caratteristica particolare rende questo libro un qualcosa di delicato e sognante, l’umanità che è presente in quasi tutti i personaggi, Lorenzo sembra essere il tramite che conduce verso un mondo abitato da uomini e donne per bene, un mondo dove esistono il rispetto e l’educazione, dove il merito è riconosciuto e le doti naturali sono premiate. Certo anche questo Eden ha i suoi lati negativi e la vicenda, che si sviluppa nell’arco di una ventina d’anni, accenna anche a quelli, introducendo alcune note scure in una sinfonia che si mantiene comunque armoniosa nei suoni e nei colori.

Un libro onesto dove l’autore ci parla di molte delle cose che lui stesso ama e porge, sinceramente, un invito ad amarle a chiunque le leggerà.

03-07-2018 Giusy Barbagiovanni

continuano a arrivare contributi, ecco quelli di:

Annamaria Bertolino, docente: Giusy Barbagiovanni riflette sulle sue esperienze di studio, di lavoro, di vita e ci invita a riflettere: le storie e l’arte ci accompagnano, non siamo mai soli, siamo “umanità”, un po’ draghi un po’ cavalieri, principesse o mendicanti. Ci mostra che il legno di cui sono fatte le marionette è solo il tramite per racconti di anime, di persone vere, incarnate. L’intelligenza e la pazienza della tessitrice rivelano il disegno della vita attraversata da fili colorati e vivaci, da incontri “nodali” che la impreziosiscono e la rendono unica. Una bella prospettiva. Grazie cara Giusy!

Lidia Randazzo, ex docente: il libro di Giusy Barbagiovanni è un’ autobiografia quasi poetica. L’ artista racconta la sua vita e i suoi incontri con tale precisione ed entusiasmo da coinvolgermi piacevolmente.

Cetti Giuffridaex docente: Giusy Barbagiovanni, artista dagli interessi poliedrici, dotata di fervida creatività, è riuscita, con il suo libro, a trascinarmi in un mondo di dolci ricordi d’infanzia e di esperienze artistiche particolari, svelandomi la dimensione magica e talvolta “sacra” delle marionette, dei burattini, delle bambole e dei pupi. Durante la lettura colgo il suo vivo interesse per “l’altro”, per le culture “altre” del mondo e anch’io ne rimango affascinata.

Anna Maria Ficco, consulente filosofico: con bella scrittura Giusy si racconta in “…una vita tra le figure animate” rivelando pienamente i tratti che già conoscevo dai suoi testi precedenti: la precisione sapiente dell’artigiano e la grazia del vero artista. Si, grazia e saggezza: infatti, pure nella luminosa levità delle figure e delle rappresentazioni evocate nel testo, non viene mai a mancare la profondità da cui prendono vita e spessore. In questo nuovo libro Giusy ci fa incontrare soprattutto il soggetto narrante nel suo cammino esistenziale ed artistico, mescolando i volti delle persone significative che l’ hanno accompagnata con le figure animate che lei stessa ha fatto nascere dopo una gestazione fatta di uno studio vasto e attento, unito a una pratica artistica sempre coltivata e affinata. La lettura di questo nuovo libro mi ha permesso di constatare una volta di più come sia vero che il centro magmatico e creativo dell’uomo si trovi nell’esperienza vitale dei singoli individui resa consapevole e “distillabile” in forma artistica da una mente talentuosa e un cuore puro, disponibili all’impegno e alla sfida, come quelli della mia amica di sempre: Giusy Barbagiovanni.

Anna Maria Noto Cannizzo, ex docente: quando arrivi all’ultima pagina del libro di Giusy Barbagiovanni “…UNA VITA TRA LE FIGURE ANIMATE” ti sembra che stai uscendo da un sogno. In realtà vorresti rimanere ancora in compagnia dell’artista che ti prende per mano e ti conduce attraverso i meandri delle sue opere dove, come dice Massimo Centini, si assiste alla “fusione delle proprie conoscenze con l’illimitato apporto delle sue genialità”. Impossibile non rimanere colpiti dall’entusiasmo per la sua continua ricerca del nuovo o comunque di tutto ciò che accresce il suo desiderio di rinnovarsi. Impossibile non rimanere toccati dal commovente affetto per i suoi e per sua sorella Mariù. Giusy Barbagiovanni è come il cuore pulsante di una stella le cui braccia conducono verso un nuovo fantastico accattivante mondo legato alle arti figurative e in particolare alla teatralità delle marionette studiate nei vari paesi orientali. Questo  suo interesse “per le culture ‘altre’ del mondo” la porta ad affermare: “Il fascino per ‘l’altro’ che pur essendo diverso da noi, in qualche modo ci appartiene”. Si rimane coinvolti e scatta un brivido di emozione quando Giusy, nel suo impegno come docente, avendo “sempre cercato di stimolare gli allievi a divenire essi stessi protagonisti, esercitando attività e iniziative che li portassero ad apprendere,  a modificare i loro comportamenti, a fare scelte”, esclama: “Non solo marionette ma anche pedagogia, che passione!”. Nel racconto “I figli del Drago” riferendosi ai “segreti delle arti” che il tempo ha fatto dimenticare , si legge: “Tuttavia, ancor oggi, nel cuore di alcuni uomini, palpita una scintilla di quel fuoco sacro, che li spinge a forgiare la materia in miriadi di forme”. In “Miriadi di stelle” Grande Vecchio si stacca dalla tribù degli Uomini Antichi in quanto i discendenti “avevano dimenticato i grandi Riti, le leggi degli Antenati: la loro anima era muta”. E quando Grande Vecchio si siede per riposare, gli viene sussurrato : “Il Grande Artefice ha creato le mani degli uomini affinché la loro anima non restasse muta”. Questa è la missione di coloro che, come Giusy Barbagiovanni,  fanno dell’Arte la loro ragione di vita e che generosamente la condividono con tutti noi. Grazie Giusy!

28-06-2018 Giusy Barbagiovanni

Altri interessanti interventi:

“Nel  poliedrico percorso artistico, ricco, gioioso e giocoso, con originali opere plasmate d’amore e di certosina precisione, Giusy Barbagiovanni ha saputo creare ed offrirci un fantastico mondo di poesia. Un dono prezioso.”
Francesco Geninat Cosatin. Ex direttore della Real Palazzina di Caccia di Stupinigi

“Come esperto fruitore di vecchi tessuti, ricami, stoffe etniche e non, ho ritrovato nelle pagine del libro di Giusy Barbagiovanni: amore, competenza e sensibilità creativa nella trasformazione artistica di questi affascinanti materiali.”
Massimo Balbo

25-06-2018 Giusy Barbagiovanni

Riceviamo dalla dott.ssa Ivana Bosone questo contributo:

Trovo molto interessante il libro di Giusy Barbagiovanni “…Una vita tra le figure animate”, nel suo modo di delineare il percorso formativo e interiore dell’artista e tanto più gradito in quanto quello dell’arte è, devo ammetterlo, un mondo a me in gran parte sconosciuto.

12-06-2018 Sante Bajardi

Il resoconto, a cura di Marco Travaglini, della manifestazione promossa in Consiglio regionale il 17 maggio scorso.

Sante Bajardi con il suo libro

“Dal dire al fare”, la passione civile di Sante Bajardi

Uno dei protagonisti più rilevanti della vita politica e amministrativa del Piemonte nel secondo dopoguerra

di Marco Travaglini

S’intitola “Dal dire al fare. Ricordi di un uomo impegnato” ed è l’autobiografia di Sante Bajardi, uno dei protagonisti più rilevanti della vita politica e amministrativa del Piemonte nel secondo dopoguerra.

Sante Bajardi negli anni ‘70

Il libro, edito dalla torinese Impremix, è stato recentemente presentato nella sala Viglione di Palazzo Lascaris davanti ad un pubblico attento ad ascoltare le numerose testimonianze di chi ha condiviso con Bajardi passioni e lotte civili negli ultimi decenni. Basata su una lunga intervista a cura di Mirella Calvano e Giovanni Romano, con una prefazione del costituzionalista e parlamentare Andrea Giorgis, la vicenda umana, politica e istituzionale di Bajardi si snoda per 180 pagine ricche di riflessioni, anedotti e ricordi.

Bajardi ad una cerimonia al Comune di Torino

Una storia appassionante quella del protagonista, dall’antifascismo alla guerra partigiana, alle grandi sfide di solidarietà e uguaglianza del dopoguerra, agli anni della riorganizzazione del Servizio sanitario, alla creazione del CIPES, il comitato per la promozione e l’educazione alla salute.

La copertina del libro

Prima imparare poi mettere in pratica quello che si è capito”: questo è sempre stato il principio ispiratore di Bajardi. Nato a Torino il 1° maggio del 1926, iniziò a lavorare come operaio metalmeccanico in giovanissima età, studiando di sera fino ad ottenere il diploma all’Istituto Amedeo Avogadro.

La presentazione del libro

Durante la seconda guerra mondiale Bajardi prese parte alla Resistenza nelle formazioni SAP torinesi della Barriera di Nizza e negli anni dopo la liberazione collaborò con l’amministrazione cittadina, attraverso le organizzazioni giovanili unitarie. Negli anni ’50 fu tra i più attivi dirigenti del PCI a Torino e Ivrea, nel Canavese e nel Pinerolese, tra i lavoratori di aziende come l’Olivetti, la Chatillon, la Riv di Villar Perosa e tra i minatori della Talco Grafite in Val Germanasca.

Un appassionato intervento di Sante Bajardi

Dalla sua esperienza con i lavoratori della tristemente nota IPCA (Industria Piemontese dei Colori di Anilina) di Ciriè, prese spunto il suo mai interrotto impegno per le politiche per la salute negli enti locali dov’è stato consigliere e assessore — da Grugliasco a Torino — fino al CIPES di cui è presidente onorario. Dal 1975 al 1980 ricoprì gli incarichi di vicepresidente della Giunta regionale del Piemonte e di assessore regionale ai trasporti e alle opere pubbliche, e nei cinque anni successivi venne nominato assessore alla Sanità. Diverse pagine sono dedicate a quest’esperienza che colloca Bajardi, a buon titolo, tra i “padri fondatori” dell’istituzione regionale.

Sante Bajardi oggi

Chi scrive ebbe modo di conoscere e apprezzarne lo spirito d’iniziativa e la competenza con la quale gestì la drammatica situazione venutasi a creare nell’estremo nord del Piemonte, in Valle Vigezzo, durante la terribile alluvione dell’agosto del 1978. E’ difficile riassumere la storia di quest’uomo che ha attraversato da protagonista le vicende piemontesi di oltre mezzo secolo e l’unico modo per averne la piena consapevolezza è leggere quest’intervista-racconto che si presenta come una delle più belle e intense testimonianze di chi ha fatto della passione civile la bussola della sua vita e del suo impegno.

12-06-2018 Anna Roberti

interessante articolo-intervista su Mosca oggi, il giornale italiano di Mosca, a cura di Alessandro Piazza